20 maggio 2010

L'esercito "bianco" di Roma

L'addestramento dei gladiatori era ancora più approfondito di quello praticato nelle scuole militari. Praticavano la scherma, il maneggio di armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi allenamenti. Durante l'era cristiana, la gladiatura divenne uno sport di alto livello a Roma, e i centri di addestramento rivaleggiavano tra loro nel cercare di produrre i migliori combattenti. Le condizioni di vita per i gladiatori erano eccezionali, in quanto essi avevano le porte aperte a tutte le serate mondane organizzate a Roma e nei suoi dintorni. L'addestramento, avveniva nella cosiddetta "Palestra", collegata al Colosseo tramite un corridoio sotterraneo ed era la loro vera estrema costrizione e occorreva aver cura di questi autentici atleti, dei loro momenti di rilassamento e del prestigio della loro reputazione. I nuovi gladiatori non avevano il privilegio dell'accesso alle serate di feste ma questa notorietà faceva parte della vita che inseguivano tanti giovani gladiatori. (Wikipedia)
Al mio segnale scatenate l'inferno..

19 maggio 2010

Da cosa nasce cosa...

Pensieri profondi: ci sono cose che non si possono spiegare, altre che non si possono capire, alcune accadono senza un motivo apparente, molte di queste appaiono addirittura inutili, sembrano cose da nulla ma tutte, hanno il segno del destino,  a causa loro, infatti, la vita di ognuno prende una direzione unica, tutte appartengono al nostro essere e alla nostra memoria e i nostri pensieri vengono influenzati da esse, le nostre gesta sono dettate dal loro ritmo e facciamo tutto in risposta alle cose che accadono intorno a noi, anche quando pensiamo di cambiare il mondo lo facciamo in replica a qualcosa in cui crediamo, che a sua volta è figlia di pensieri  vittime della propria esperienza, però c’è una cosa che non accade mai, infatti, il mondo non cambia… Come mai? Forse perché non ne siamo capaci, forse perché non lo vogliamo, forse perchè deve andare così, forse perché siamo parte di esso così com’è, forse perché non siamo in grado di influenzarlo come lui fa con noi, forse perché noi non siamo ciò che crediamo o forse perché siamo semplicemente entità universali di importanza locale come le cellule di un qualsiasi organismo, chissà, forse abbiamo l'influenza…

18 maggio 2010

Cosa ha visto Madre Teresa di Calcutta nei malati, nei poveri, nei bisognosi, negli emarginati?

Cari Fratelli e Sorelle malati,

Prima di avvicinarmi a voi qui presenti, portando nelle mani l’ostensorio con Gesù Eucaristia, vorrei rivolgervi una parola di incoraggiamento e di speranza, che estendo a tutti i malati che ci accompagnano mediante la radio e la televisione e a quanti non hanno neppure questa possibilità, ma sono uniti a noi tramite i vincoli più profondi dello spirito, ossia, nella fede e nella preghiera:
Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai «un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 39). Con questa speranza nel cuore, potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell’amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilità della sofferenza che consuma la persona nell’intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verità, la sofferenza, vissuta con Gesù, serve per la salvezza dei fratelli. Come è possibile? Le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana. E’ il paradosso del Vangelo. Perciò il divino Maestro, più che dilungarsi a spiegare le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo, dicendo: «Prendi la tua croce e seguimi» (cfr Mc 8, 34). Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale. Cari malati, accogliete questa chiamata di Gesù che passerà accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarietà e pena che affrontate, affinché diventino – secondo i suoi disegni – mezzo di redenzione per il mondo intero. Voi sarete redentori nel Redentore, come siete figli nel Figlio. Presso la croce… si trova la Madre di Gesù, la nostra Madre. (Benedetto XVI)


...



16 maggio 2010

Federico II, il Re dell'Infinito...

Se il mercatino delle patacche è repellente anche in Monarchia e' disgustoso che sia nata una industria di mantellari e pataccari invasati in una Repubblica, dove tale costume dovrebbe essere perseguito penalmente.
"Il Vero Gotha e' il Corpus Saecularium Principum di Worms , poiche' il vero sangue di Anania di Gothard , da cui la dinastia, e' quello di King Alaric Veruli von Saxen Coburgo Gotha, antenato di Princess Yasmin Re Desiderio, attraverso Gallia Placida, Costanza, Eudoxia e King Gaiseric Veruli" (Genealogia di Goering)
I Titoli Imperiali Svevi (Hohenstaufen Plantagents Avril de Burey d'Anjou Puoti Comneno), NON FURONO GIAMMAI SOGGETTI ALLA RATIFICA DI CUI ALL'ART. 23 DEL REGIO DECRETO 21.01.1929 N. 61, CHE LEGITTIMAVA L'USO NEL REGNO DI TITOLI NEL REGIO REGISTRO DI STATO DI ROMA, NE' DI CONSERVAZIONE IN ORIGINALE NELL'ARCHIVIO DELL'ISTITUTO E CONSULTA ARALDICA, POICHE' NON CONCESSI DA CHICCHESSIA, NE' POTEVANO COSTITUIRE ELEMENTO DI CONSERVAZIONE IN ORIGINALE NELL'ARCHIVIO DELLA CONSULTA ARALDICA, NON RIVESTENDO LA FUNZIONE DI PROVVEDIMENTO NOBILIARE, NE' SOVRANO DI GRAZIA, NE' DI ATTI GOVERNATIVI DI GIUSTIZIA, QUINDI DA NON SOTTOPORRE AL PARERE DELLA GIUNTA ARALDICA ITALIANA, NE' PER DECRETO DEL CAPO DI GOVERNO PRIMO MINISTRO SEGRETARIO DI STATO. LA REGIA STIRPS VEIBLINGEN, GENITRICE DI IMPERATORI E' TALE SOLO AUCTORITATE DOMINI. GLI HOHENSTAUFEN SONO IMPERATORI E RE PER DIRITTO EREDITARIO E NASCONO RE
(http://www.federicostupormundi.it/)

La Dinastia degli Svevi

The PEDIGREE of
Blesinde (Princess) of the SUEVI
de SOUABE; d' ALLEMANIE
Born: abt. 350 Died: abt. 403


HM George I's 38-Great Grandmother. Agnes Harris's 40-Great Grandmother.

--------------------------------------------------------------------------------
Husband/Partner: Clodius (I; IV; Duke) of EAST FRANKS
Child: Blesinde of the FRANKS
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Possible Child: Marcomir I (VI; V; Duke) of EAST FRANKS
--------------------------------------------------------------------------------
______ ______ ______ ______ _____ _____ _____ _____ ____ ___ ___
/ -- Wadomaire d' ALEMANIE (270? - 342?)
/ -- Guindomar (295? - 356?)
/ -- Chlodomer d' ALEMANIE (320? - 358?)
| \ / -- Marcomir (King) of the FRANKS (220? - 281?)
| | / -- Genebaud (I) des FRANCS RIPUAIRES
| | / -- Merogais (Ragaise) des FRANCS RIPUAIRES
/ \ -- (Miss) de TOXANDRIE
- Blesinde (Princess) of the SUEVI
\
\ -- (missing)


--------------------------------------------------------------------------------
Her (poss.) Grandchildren: Clovis (Chlodion) the RIPARIAN of COLOGNE ; Adalbert (Alberico) (Duke) of MOSEL ; Pharamond (Faramond) (King) of WESTPHALIA ; Chlodwig de COLOGNE ; Ildegonde of the FRANKS


15 maggio 2010

I petali della rosa ai piedi della Croce... Re!

Quando la rosa fiorira nel petto di ogni uomo e di ogni donna, allora saremo capaci di vedere come vedevamo all'inizio, di avvertire il tocco e la sensazione, di sentire il gusto e il sapore, di annusare gli odori e di udire l'anima del suono. Ricorderemo che un tempo eravamo puro sentimento, e che ancora lo siamo, e ci accorgeremo di come siamo stati nel corso dei secoli. Guardando dentro di noi, nel nostro sangue, vedremo la luce -sangue di rosa- e conosceremo le segrete linee che si estendono fra noi tutti, attraverso città, mari e continenti. Ci accorgeremo che siamo stati tutte le varietà di rosa e che tali dovevamo essere: rosa dell' amore, che ama; rosa del deserto, nell'ignoto; rosa della morte, che soffre; rosa del nulla, senza niente da mostrare. (J. Ramsay Alchimia)

Real..tà o fanta..sia?

"Il predicato di Savoia non e' un cognome, quindi l'esclusiva non puo' essere rivendicata ne' dal Principe Vittorio Emanuele, ne' dal duca d'Aosta.In realta' l'avito nome che conteneva il predicato de Savoie era Avril de Savoie de Saint Genis, ed aveva come arma l'aigle de sable, ovvero l'aquila sveva, come armoriali dell'istituto araldico di Stato di Francia.il cognome vero dei Savoia sarebbe dunque Avril de Savoie ed era il nome arcano della Sacra progenie (che traduce Hohen- Staufen, Avril traduceva ex Freya, da cui Staufer e poi Veiblinghen ossia linea di Venere o di Niphi nero', NN, Dama dell'Acqua, nell'ordine del Graal). Solo la linea legittima della sacra progenie Avril de Savoie, ha diritto di esclusiva sul predicato.Diversamente indica semplicemente una provenienza geografica, quindi non subisce l'agalmonia dell'avito palinsesto": e' quanto ha concluso l'arch. Alaric Veruli Saxen Coburgo Gotha, Cancelliere di Heraldry -Il principe genealogista ed araldista ha rammentato che gia' dal giugno scorso, la Principessa Yasmin von hohenstaufen Avril de Savoie de Saint Genis Burey anjou, diretta discendente di Federico II ed Isabella d'inghilterra, aveva rintracciato negli armoriali di Francia, nelle Cappelle di Famiglia e nell'ordine cistercense dell'Abbazia di Saint Genis, l'avito nome degli Hohenstaufen, che era appunto Avril de Saint Genis, ou Avril de Savoie, in Provenza, dinastia merolitinga che aveva origine da Avril o Avrilleè in Vandea e che prendeva il nome da Avril ou Aubry, nipote di Dagoberto da cui gli Hohenstaufen. Fu Federico II a ratificare il titolo di conte e Vicario Imperiale ai Savoia, che tali si chiamarono, in virtu' dell'avita concessione feudale di una fortezza. In realta' il casato Savoia non aveva cognome, poiche' quello appartiene solo ai legittimi discendenti di Federico II che hanno facolta' eventualmente di concedere tale epiteto, ma solo a patto che chi ne rivendica l'esclusiva sani la legittimazione, per usufruire dell''etimo originario. (Internet, svelato l’enigma dei Savoia, da princess Yasmin, Sat, 02 Jun 2007)

Unico, perchè?

Eremita in mezzo alla folla.
e quattro...

Macchia regale... di Bianca Lancia e Federico II di Svevia

E un di loro incominciò: «Chiunque tu se', così andando, volgi 'l viso: pon mente se di là mi vedesti dunque». Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l'un de' cigli un colpo avea diviso. Quand'io mi fui umilmente disdetto d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; e mostrommi una piaga a sommo 'l petto. Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; ond'io ti priego che, quando tu riedi, vadi a mia bella figlia, genitrice de l'onor di Cicilia e d'Aragona, e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice. Poscia ch'io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona. Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, avesse in Dio ben letta questa faccia, l'ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia de la grave mora. Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde, dov'e' le trasmutò a lume spento. Per lor maladizion sì non si perde, che non possa tornar, l'etterno amore, mentre che la speranza ha fior del verde. Vero è che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, star li convien da questa ripa in fore, per ognun tempo ch'elli è stato, trenta, in sua presunzion, se tal decreto più corto per buon prieghi non diventa. Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, revelando a la mia buona Costanza come m'hai visto, e anco esto divieto; ché qui per quei di là molto s'avanza». D.C. - Purgatorio, Canto III, Versi 103 - 145

Austrasia + Svevia =

A RE DAGOBERTO II E A SION APPARTIENE QUESTO TESORO ED EGLI È LA' MORTO. PASTORA, NESSUNA TENTAZIONE. CHE POUSSIN, TENIERS, DETENGONO LA CHIAVE: PACE 681. PER LA CROCE E QUESTO CAVALLO DI DIO, IO COMPIO "O ANNIENTO" QUESTO DEMONE DI GUARDIANO A MEZZOGIORNO. MELE AZZURRE.

14 maggio 2010

La gnosi..

"Dottrina della salvezza tramite la conoscenza"
> occhio all'interno...

ESTRAIMI DAL FANGO PERCHE' IO NON VI RESTI AFFOSSATO

e tre...

13 maggio 2010

Teniers... Le tentazioni di Sant'Antonio


e due...

La bandiera "disegnata" da Poussin...


La Trinacria è al centro della bandiera della Sicilia, di colore rosso e giallo in senso diagonale, approvata nel gennaio 2000. La legge stabilisce che la bandiera siciliana sia esposta all'esterno del Parlamento siciliano (Assemblea Regionale Siciliana), dalla sede della giunta regionale, dalle sedi dei consigli provinciali e comunali, dalle sedi dei presidenti delle provincie regionali e dei sindaci dei comuni, le sedi degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, gli edifici in cui sono costituiti seggi elettorali in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento siciliano. (da internet)

12 maggio 2010

Il terzo segreto di Fatima

Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: "qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti" un Vescovo vestito di Bianco "abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre". Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. (Documento ufficiale del Vaticano)

09 maggio 2010

Apparizione...

"Manibus , oh, date lilia plenis !". Io vidi già nel cominciar del giorno la parte oriental tutta rosata, e l'altro ciel di bel sereno addorno; e la faccia del sol nascere ombrata, sì che per temperanza di vapori l'occhio la sostenea lunga fiata: così dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori, sovra candido vel cinta d'uliva donna m'apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva. E lo spirito mio, che già cotanto tempo era stato ch'a la sua presenza non era di stupor, tremando, affranto, sanza de li occhi aver più conoscenza, per occulta virtù che da lei mosse, d'antico amor sentì la gran potenza. D.C. - Purgatorio, Canto XXX, Versi 21 - 39

08 maggio 2010

Non occorre il porto d'armi...

Il santo Rosario è una preghiera di un’importanza fondamentale nella lotta contro il Maligno!
In particolar modo il Santo Rosario, dopo la Santa Messa, è da considerarsi la preghiera di liberazione/esorcistica più efficace.

“In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nel mio nome. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena”. (Gv. 16,23 seg.)

“In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. (Mt. 18,19).

“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova ed a chi bussa sarà aperto”. (Mt. 7,7).

07 maggio 2010

Viaggio al centro della testa e il sogno diventa realtà…

I sogni, secondo Freud, sono "la via regale verso l'inconscio". Il sogno rappresenta l'appagamento allucinatorio di un desiderio. Fonti del desiderio:

Stimoli endogeni (fame,sete);
Episodi del giorno precedente in cui il desiderio sia stato represso;
Strati di materiale inconscio;
Situazioni della prima infanzia.

Per interpretarli, si possono seguire le seguenti classificazioni:

Spostamento
Per esempio la sostituzione di una persona con un'altra, l'affetto rimane lo stesso (amore,odio), ma viene trasferito su una persona estranea o indifferente. Qui ritroviamo, quindi, il meccanismo di separazione dell'affetto dalla rappresentazione.

Condensazione
Si verifica quando un elemento del sogno (tema, persona, ecc.) ne raggruppa molti, per esempio un personaggio del sogno può condensare caratteristiche di più personaggi, il che vuol dire che il sogno manifesto costituisce una versione molto condensata dei pensieri, sensazioni e desideri che compongono il contenuto onirico latente.

Identificazione
Il sognatore può identificarsi in altre persone attribuendo loro sentimenti o facendogli assumere comportamenti che egli si vieta pur desiderandoli.

Ambivalenza
Il farsi sostituire in sogno da un altro personaggio mette anche in luce la propria ambivalenza riguardo ad alcuni desideri, per esempio sessuali. Il conflitto tra desiderio e sentimento di colpa ad esso associato viene così risolto con una soluzione di compromesso.

Buona notte e.. buon viaggio!

06 maggio 2010

Luci della ribalta...

Che bella la città di notte, i neon delle insegne danno “vita” alle vie tenebrose, da lontano sembra proprio che le case scrutino il buio con i propri occhi, la notte non ha più lo scettro da padrona, la luna è relegata a dar chiarore solo alle campagne e l’uomo è più sicuro di se stesso. Già, cosa faremmo senza la luce? Ormai, l’uomo sfrutta l’energia elettrica in ogni campo e, per fortuna, l’unica forza naturale che può farci rimanere allo scuro (temporaneamente) è il maltempo. Si, è vero, però come fargliene una colpa, infatti, in una notte buia, lui con i suoi tuoni e i suoi fulmini, ha fatto compagnia all’appena nato inventore della corrente alternata e non solo, un genio che ha donato all’umanità il suo sapere: Nikola Tesla. Cosa ha fatto l’umanità per quest’uomo? Gli ha riservato il più grande dei riconoscimenti: l’ha dimenticato! Una cosa è certa, pochissimi sanno da chi era composta la "creme" della società in quel periodo ma molti sanno chi è Nikola Tesla. Alla faccia degli snob… Ecco il suo parere sull’argomento:
“Lasciamo che il futuro dica la Verità, e giudichiamo ciascuno secondo la propria opera e gli obiettivi. Il presente è loro; il futuro, per il quale ho realmente lavorato, è mio”. (Nikola Tesla) pag. 139

04 maggio 2010

Per aspera ad veritatem...

«Poi che per grazia vuol che tu t'affronti lo nostro Imperadore, anzi la morte, ne l'aula più secreta co' suoi conti, sì che, veduto il ver di questa corte, la spene, che là giù bene innamora, in te e in altrui di ciò conforte, di' quel ch'ell'è, di' come se ne 'nfiora la mente tua, e dì onde a te venne». Così seguì 'l secondo lume ancora. E quella pia che guidò le penne de le mie ali a così alto volo, a la risposta così mi prevenne: «La Chiesa militante alcun figliuolo non ha con più speranza, com'è scritto nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: però li è conceduto che d'Egitto vegna in Ierusalemme per vedere, anzi che 'l militar li sia prescritto. Li altri due punti, che non per sapere son dimandati, ma perch'ei rapporti quanto questa virtù t'è in piacere, a lui lasc'io, ché non li saran forti né di iattanza; ed elli a ciò risponda, e la grazia di Dio ciò li comporti». Come discente ch'a dottor seconda pronto e libente in quel ch'elli è esperto, perché la sua bontà si disasconda, «Spene», diss'io, «è uno attender certo de la gloria futura, il qual produce grazia divina e precedente merto. Da molte stelle mi vien questa luce; ma quei la distillò nel mio cor pria che fu sommo cantor del sommo duce. D.C. - Paradiso, Canto XXV, Versi 40 - 72

01 maggio 2010

Tracce di luci spente... (foto più chiara)

Tracce di "luci spente"...

In passato, ho sfiorato l’argomento dei crop circle perché ero incuriosito dai disegni geometrici che comparivano in una sola notte nei campi di grano di tutto il mondo. Un giorno, mentre stavo guardando le moltissime foto disponibili nel web, mi cade l’occhio su una di queste che riportava un cerchio fatto il 19 giugno del 2000 in inghilterra e precisamente a Southfield nel Wiltshire. Questa raffigurazione, a differenza di tantissime altre, ha qualcosa di particolare. Lungi da me l’idea che sia una grande “scoperta” ma sta di fatto che ha attirato la mia attenzione. Se la si osserva attentamente, infatti, si può notare una sfera che giace sul fianco della forma impressa nel grano (in alto). Fermo restando che in queste situazioni i ricercatori di notorietà e i buontemponi si moltiplicano come conigli, la cosa strana è che nessuno ne ha mai parlato. Ho fatto una minuziosa ricerca su molte documentazioni che trattano la materia ma nulla è emerso. Davvero molto strano, sono state fatte addirittura delle trasmissioni televisive per dire di tutto e di più ma di questa sfera niente. Allora mi viene pensato: o, che nessuno se n’è accorto o, che chi poteva parlare ha ricevuto l’ordine di tacere, infatti, anche se fosse una bufala, se ne sarebbe sicuramente parlato da qualche parte. Comunque questa è la foto, chi vuole può ingrandirla con programmi specifici.. (pag. 113)

Infatti, Teniers "diceva" di più...

"non ci può essere dubbio che la presenza di residui non chiariti di significato è un ostacolo al godimento dell'arte. Per quanto grande sia la soddisfazione visiva suscitata da un dipinto, essa non può essere perfetta fin tanto che lo spettatore è assillato dal sospetto che nel dipinto ci sia di più di quello che il suo occhio vede. In letteratura lo stesso tipo di imbarazzo può essere prodotto dalla poesia di Spenser, di Chapman o perfino di Shakespeare, in un lettore al quale si sia consigliato di abbandonarsi alla musica dei versi senza preoccuparsi di capire o no ogni singolo verso. È dubbio che questo atteggiamento possa durare a lungo senza ottundere il godimento estetico, per quanto giustificato esso sia come approccio preliminare. (Misteri pagani nel rinascimento - Edgar Wind )

Occhi puntati sul dipinto di Guercino...

"Dico che, sì come nel primo capitolo è narrato, questa sposizione conviene essere litterale e allegorica. E a ciò dare a intendere, si vuol sapere che le scritture si possono intendere e deonsi esponere massimamente per quattro sensi. L'uno si chiama litterale, [e questo è quello che non si stende più oltre che la lettera de le parole fittizie, sì come sono le favole de li poeti. L'altro si chiama allegorico,] e questo è quello che si nasconde sotto 'l manto di quelle favole, ed è una veritade ascosa sotto bella menzogna: sì come quando dice Ovidio che Orfeo facea con la cetera mansuete le fiere, e li arbori e le pietre a sé muovere; che vuol dire che lo savio uomo con lo strumento della sua voce fa[r]ia mansuescere e umiliare li crudeli cuori, e fa[r]ia muovere a la sua volontade coloro che non hanno vita di scienza e d'arte: e coloro che non hanno vita ragionevole alcuna sono quasi come pietre. E perché questo nascondimento fosse trovato per li savi, nel penultimo trattato si mostrerrà. Veramente li teologi questo senso prendono altrimenti che li poeti; ma però che mia intenzione è qui lo modo de li poeti seguitare, prendo lo senso allegorico secondo che per li poeti è usato. Lo terzo senso si chiama morale, e questo è quello che li lettori deono intentamente andare appostando per le scritture, ad utilitade di loro e di loro discenti: sì come appostare si può ne lo Evangelio, quando Cristo salio lo monte per transfigurarsi, che de li dodici Apostoli menò seco li tre; in che moralmente si può intendere che a le secretissime cose noi dovemo avere poca compagnia. Lo quarto senso si chiama anagogico, cioè sovrasenso; e questo è quando spiritualmente si spone una scrittura, la quale ancora [sia vera] eziandio nel senso litterale, per le cose significate significa de le superne cose de l'etternal gloria, sì come vedere si può in quello canto del Profeta che dice che, ne l'uscita del popolo d'Israel d'Egitto, Giudea è fatta santa e libera. Ché avvegna essere vero secondo la lettera sia manifesto, non meno è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che ne l'uscita de l'anima dal peccato, essa sia fatta santa e libera in sua potestate. E in dimostrar questo, sempre lo litterale dee andare innanzi, sì come quello ne la cui sentenza li altri sono inchiusi, e senza lo quale sarebbe impossibile ed inrazionale intendere a li altri, e massimamente a lo allegorico." (De vulgari eloquentia - Dante Alighieri)

30 aprile 2010

Il potere rende "ciechi"...

Già era in loco onde s'udìa 'l rimbombo de l'acqua che cadea ne l'altro giro, simile a quel che l'arnie fanno rombo, quando tre ombre insieme si partiro, correndo, d'una torma che passava sotto la pioggia de l'aspro martiro. Venian ver me, e ciascuna gridava: «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri esser alcun di nostra terra prava». Qual sogliono i campion far nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio, prima che sien tra lor battuti e punti, così rotando, ciascuno il visaggio drizzava a me, sì che 'n contraro il collo faceva ai piè continuo viaggio. Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse, tanta che tardi tutta si dispoglia, tosto che questo mio segnor mi disse parole per le quali i' mi pensai che qual voi siete, tal gente venisse. D.C. - Inferno, Canto XVI, Versi Versi 1 – 9; 22 – 27 e 52 - 57.

29 aprile 2010

Abilità mentale...

Io vidi un, fatto a guisa di leuto, pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto. La grave idropesì, che sì dispaia "E' pur convien che novità risponda" dicea fra me medesmo "al novo cenno che'l maestro con l'occhio sì seconda". Noi repetiam Pigmalion allotta, O superbi cristian, miseri lassi, che, de la vista de la mente infermi, fidanza avete ne' retrosi passi, non v'accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l'angelica farfalla, che vola a la giustizia sanza schermi? D. C. - Inferno, Canto 30, Versi 49 – 52 e Canto 16, Versi 115 – 117; Purgatorio, Canto 20, Versi 103 e Canto 10, Versi 121 – 126.

26 aprile 2010

Roma, Vernissage di sabato 24 aprile 2010 Il poeta che "scrive" con il pennello...

Michele Sabatino è nato a Castellammare di Stabia in provincia di Napoli, un luogo di indubbia bellezza ma allo stesso tempo molto difficile, anche se sensibile verso chi esprime delle doti talentuose. Fin da piccolo ha avuto la passione della pittura, per ovvi motivi però, si è dovuto orientare verso altri settori, si laurea a pieni voti presso la facoltà di architettura dell’università Federico II di Napoli mantenendo in cuor suo la volontà di realizzare il suo sogno. Per dare seguito ai suoi studi ed affermarsi come architetto, si trasferisce nella città felliniana dove tutt’ora risiede e svolge questa professione con grande umiltà, convogliando nella stessa il suo estro del tutto unico. Per anni il suo talento rimane sopito nel suo cuore anche per motivi pratici ma, si sa, tutto si può contenere tranne la spinta comunicativa che proviene dall’anima e, difatti, negli ultimi tempi eccola riemergere prepotentemente. Molto attento al suo richiamo artitistico, Michele Sabatino inizia a dar “voce” alla sua energia interiore, combinando nel modo migliore le sue attività. Pittore autodidatta, artisticamente acuto osservatore di forme e spazi, acquisisce subito una padronanza dei colori, che gli permette una comunicazione immediata con le persone, al di la del significato recondito che possono esprimere i suoi dipinti astratti. Una simbiosi di forme, ben amalgamate che rappresentano gli stati d’animo dell’artista, con il proprio essere rappresentato dal colore dello sfondo, che da vita ad uno scontro-incontro con il suo subconscio in conflitto con il mondo circostante sempre più distante dalla sua dimensione interiore. Nella vastità delle espressioni che possono manifestarsi in periodi diversi del suo percorso personale, c’è un monito ricorrente rivolto alla società, troppo spesso assorta a contemplare un dio denaro che offre solo il potere materiale senza soffermarsi sulla spiritualità, rivolgendo poca attenzione alle proprie risorse e necessità. La sua ispirazione è dettata dalle sue sensazioni e dal suo istinto, in alcuni dei suoi ultimi quadri, si possono notare delle influenze di alcuni pittori come Mirò, Picasso e Van Gogh ma, nel pieno rispetto dei grandi maestri del passato, Michele Sabatino per il momento non è catalogabile in nessun “ismo” e, come da lui stesso dichiarato in alcune interviste, si può definire un “neoespressionista astratto”. Io personalmente, non sono stato mai attratto dall’arte espressa nei dipinti, in quanto la ritenevo troppo lontana dalla mia cultura personale ma la vista di queste forme stravaganti e colorate anno attirato la mia attenzione, tanto che, per capire meglio cosa mi affascinava di queste opere, ho intrapreso un cammino che ritenevo molto improbabile terminare, cioè seguire attentamente la loro sinuosità, per capire lo stato d’animo dell’autore. Andando avanti ho capito una cosa molto importante, non era l’arte ad essere lontana da me ma, al contrario, ero io che la evitavo perché non sapevo osservare. Ebbene si, questo per me è Michele Sabatino, un pittore che oltre saper dipingere, sa anche comunicare con i suoi quadri, il proprio percorso introspettivo mettendolo in risalto con i giusti colori che mostrano la sincerità con cui mette a nudo la propria anima. Con questo voglio ringraziare i promotori della mostra: il Prof. Antonio Restivo e l’associazione culturale Spaziodarte che mi hanno permesso di avvicinare la sensibilità di questo artista. Un ringraziamento particolare va alla sig.ra Viviana Tavormina, che cura diversi settori dedicati al pittore svolgendo un ruolo fondamentale nella promozione delle sue opere.  (Massimo Maravalli)

25 aprile 2010

Il colore che rappresenta la speranza...

Carissimi, la non curanza dello Stato di abbandono di questo nostro giardino da parte dei giardinieri incaricati, sta permettendo all’erba di crescere in modo incondizionato favorendo l’ingresso e la nidificazione di molti insetti. In più di un'occasione sono stati avvistati rettili molto pericolosi come i ramarri e le vipere. Come osservo questo degrado, percepisco la paura di attraversarlo proprio per il timore di fare qualche brutto incontro. Ma questi giardinieri a cui stiamo dando dei bei soldini perché non curano il nostro prato e le nostre piante? Dicono che ci vuole tempo per farlo risplendere e, per fare questo occorre molto concime, molti prodotti per non rovinare le piante da frutti, molta cura e attenzione per far rinforzare le radici, senza considerare il fatto che far sfogare la loro crescita permetterà di avere un giardino molto più bello e modellato secondo i nostri gusti. Sento molte lamentele in giro, il mio giardino è sempre ridotto in pessimo stato. Cosa significa? Secondo me che i giardinieri ci stanno prendendo per il culo. Riprendiamoci il nostro giardino e rimandiamoli a casa!

17 aprile 2010

Vendetta emotiva, perdono certo...


Quel traditor che vede pur con l'uno, e tien la terra che tale qui meco vorrebbe di vedere esser digiuno, farà venirli a parlamento seco; poi farà sì, ch'al vento di Focara non sarà lor mestier voto né preco». E io a lui: «Dimostrami e dichiara, se vuo' ch'i' porti sù di te novella, chi è colui da la veduta amara». Allor puose la mano a la mascella d'un suo compagno e la bocca li aperse, gridando:«Questi è desso, e non favella. Questi, scacciato, il dubitar sommerse in Cesare, affermando che 'l fornito sempre con danno l'attender sofferse». Oh quanto mi pareva sbigottito con la lingua tagliata ne la strozza Curio, ch'a dir fu così ardito! E un ch'avea l'una e l'altra man mozza, levando i moncherin per l'aura fosca, sì che 'l sangue facea la faccia sozza, gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca, che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", che fu mal seme per la gente tosca». E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»; per ch'elli, accumulando duol con duolo, sen gio come persona trista e matta. Ma io rimasi a riguardar lo stuolo, e vidi cosa, ch'io avrei paura, sanza più prova, di contarla solo; se non che coscienza m'assicura, la buona compagnia che l'uom francheggia sotto l'asbergo del sentirsi pura. D. C. - Inferno, Canto XXVIII, Versi 85 – 102 e 103 - 117

16 aprile 2010

La paura tende ad ingigantire gli altri...

Dopo la dolorosa rotta, quando Carlo Magno perdé la santa gesta, non sonò sì terribilmente Orlando. Poco portai in là volta la testa, che me parve veder molte alte torri; ond'io:«Maestro, di', che terra è questa?». Ed elli a me:«Però che tu trascorri per le tenebre troppo da la lungi, avvien che poi nel maginare abborri. Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi, quanto 'l senso s'inganna di lontano; però alquanto più te stesso pungi». Poi caramente mi prese per mano, e disse:«Pria che noi siamo più avanti, acciò che 'l fatto men ti paia strano, sappi che non son torri, ma giganti, e son nel pozzo intorno da la ripa da l'umbilico in giuso tutti quanti».
Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa, così forando l'aura grossa e scura, più e più appressando ver' la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura; però che come su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona, così la proda che 'l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona li orribili giganti, cui minaccia Giove del cielo ancora quando tuona. E io scorgeva già d'alcun la faccia, le spalle e 'l petto e del ventre gran parte, e per le coste giù ambo le braccia. Divina Commedia - Inferno, Canto XXXI, Versi 16 - 48

L'invidia vaga anche tra le ferme mura...

La prima voce che passò volando "Vinum non habent" altamente disse, e dietro a noi l'andò reiterando. E prima che del tutto non si udisse per allungarsi, un'altra "I' sono Oreste" passò gridando, e anco non s'affisse. «Oh!», diss'io, «padre, che voci son queste?». E com'io domandai, ecco la terza dicendo: "Amate da cui male aveste". E 'l buon maestro:«Questo cinghio sferza la colpa de la invidia, e però sono tratte d'amor le corde de la ferza. Lo fren vuol esser del contrario suono; credo che l'udirai, per mio avviso, prima che giunghi al passo del perdono. Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso, e vedrai gente innanzi a noi sedersi, e ciascuno è lungo la grotta assiso». Allora più che prima li occhi apersi; guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti al color de la pietra non diversi. A me pareva, andando, fare oltraggio, veggendo altrui, non essendo veduto: per ch'io mi volsi al mio consiglio saggio. Ben sapev'ei che volea dir lo muto; e però non attese mia dimanda, ma disse:«Parla, e sie breve e arguto». Volsimi a loro e «O gente sicura», incominciai, «di veder l'alto lume che 'l disio vostro solo ha in sua cura, se tosto grazia resolva le schiume di vostra coscienza sì che chiaro per essa scenda de la mente il fiume, ditemi, ché mi fia grazioso e caro, s'anima è qui tra voi che sia latina; e forse lei sarà buon s'i' l'apparo». «O frate mio, ciascuna è cittadina d'una vera città; ma tu vuo' dire che vivesse in Italia peregrina». Questo mi parve per risposta udire più innanzi alquanto che là dov'io stava, ond'io mi feci ancor più là sentire. D. C. - Purgatorio, Canto XIII, Versi 28 – 48; 73 – 78 e 85 – 99.

09 aprile 2010

Pansessualismo (per Splendorina)

Spesso isolato di fronte agli oppositori come ai suoi allievi, irriso dagli ambienti scientifici ufficiali viennesi, il fondatore della psicoanalisi ha operato una vera rivoluzione all’inizio del XX secolo con la “scoperta” dell’inconscio, attraverso l’interpretazione dei sogni come anche dei motti di spirito, con la rivelazione dell’importanza della sessualità nella vita psichica tanto normale che patologica e con la sua teoria del modo di funzionamento della vita psichica in generale. Freud concepì rapidamente l’idea che il trauma (termine ch’egli introdusse nel linguaggio corrente, originato dal tedesco Traum, sogno) primigenio era sempre d’ordine sessuale, fatto che Breuer, recalcitrante, non volle accettare. Charcot ne aveva avuto l’intuizione, senza tuttavia soffermarvisi. Freud seppe trarre le dovute conseguenze. Sorprendenti per l’epoca, di quest’osservazione. Poneva così le fondamenta del suo particolare determinismo psichico, ossia la convinzione che ogni atto della nostra vita psichica (una dimenticanza, un lapsus, un motto di spirito etc..) ha da essere messo in connessione con i dati nascosti della nostra psiche (inconscio) e questa con la nostra vita sessuale fai dai primi atti della vita neonatale. Nel 1896, Freud pronunciò una conferenza intitolata “l’eziologia sessuale dell’isteria”, che fece nuovamente scandalo. Era nato il pansessualismo freudiano – l’accusa invero che gli venne sempre rivolta e che non era distante dal cogliere il nucleo profondo della sua teoresi scientifica, ossia che molti disagi psichici degli individui hanno un’origine sessuale ad essi ignota a livello conscio (inconscio). (da internet…).

05 aprile 2010

Tu chiamale se vuoi... emozioni.

La vita umana è l’unica cosa degna di studio. Niente ha valore paragonato ad essa. È bensì vero che non si può indagare la vita nel suo strano crogiolo di dolore e di diletto mettendosi sul viso una maschera di vetro, ne si può impedire ai fumi di zolfo che ne emanano, di turbare il cervello, alterando l’immaginazione con fantasie mostruose e con sogni deformi. Vi sono veleni tanto sottili, che per conoscerne le proprietà occorre subirne gli effetti. Vi sono malattie così strane che per intenderne la natura bisogna contrarle. Eppure quanto è grande il premio di questo studio! Quante meraviglie impariamo a vedere nel mondo! Questo studio ci dimostra la curiosa e dura logica della passione e la vita colorita e sensibile dell’intelletto; impariamo a discernere il punto nel quale esse si congiuncono ed il punto nel quale si dividono, dove si trovano all’unisono e dove subentra il disaccordo e questo costituisce il diletto. Che importa il prezzo, non si può mai pagare troppo cara una qualsiasi sensazione. (Oscar Wilde)

Stupore infantile

Eroe è colui che osserva il mondo con gli occhi di un bambino, e con la saggezza di un adulto capisce che è suo compito cambiarlo.
Il mondo è diventato un'abitudine... noi tutti impieghiamo anni e anni per abituarci al mondo. Basta osservare i bambini. Il mondo circostante li colpisce a tal punto che quasi non credono ai loro occhi. È per questo che continuano a puntare il dito a destra e a sinistra, e a fare domande su qualsiasi cosa capiti loro di vedere. Per noi adulti è diverso. Abbiamo visto tutto tante volte che finiamo col dare la realtà per scontata.
Un bambino guardò una stella e si mise a piangere.
La stella disse:
"Bambino perchè piangi?"
Allora il bambino disse:
"Sei così lontana non potrò mai toccarti."
La stella rispose:
"Bambino se io non fossi già nel tuo cuore tu non potresti vedermi..."
Penso che dobbiamo insegnare ai bambini l'importanza degli altri, e che il loro mondo non può crescere e progredire senza accettarne altri. Più sono numerosi i mondi che accettano - tutti mondi unici - più possono diventare... qualcosa di più. (da internet)

Il velo che copre la luce...

Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere". (Dal Vangelo secondo Luca Cap. 8 16-18)

PANURGISMO (la patologia degli "impensierati").

Opera del grande Jossot, notevole esempio di personalità libera ed originale. Un artista poco noto persino nella sua colta patria. Il titolo del presente numero di L'Assiette au Beurre, Panurgimo, deriva dal nome di un celebre personaggio di Rabelais, Panurge, amico del gigante Pantagruele. In Francia il termine è noto pur essendo poco usato perché di derivazione letteraria e potrebbe essere perfettamente reso in traduzione con "pecorismo". Infatti, nel quarto libro, del romanzo Pantagruele, affinché un gregge di pecore si getti in mare da un battello, Panurge ne scaraventa uno in acqua, l'esempio di quell'unica pecora è immediatamente seguito ciecamente dall'intero gregge. Con questa espressione quindi, il nostro caustico Jossot, intendeva evidenziare e denunciare l'atteggiamento di accettazione nelle opinioni come nei comportamenti della massa di caproni umani: molto attuale quindi, quasi archetipico direi... Per quanto mi è dato di capire, credo proprio che il personaggio di spalle della vignetta 14 del libro, criticato da un gruppo di proletari perché non facente parte di nessun gruppo organizzato di anarchici e che si crede invece tale, sia proprio lo stesso Jossot, che quando poteva non risparmiava le sue pungenti frecciate critiche anche ai suoi compagni di fede. Credo anche che l'ultima tavola, rappresentante un giovane Jossot, o un tizio che ha alcuni dei suoi tratti e che allegro confessa al lettore di avere contro l'intera opinione pubblica, non sia altri che un altro autoritratto caricaturale dello stesso Jossot che, in quanto ad indipendenza ideologica e militante, era un autentico maestro. (da internet)

02 aprile 2010

La raccolta delle mele che sanno di f...

Michelangelo Buonarroti,

Adamo ed Eva ritratti nella volta della Cappella Sistina (1508-1512)

La verità e la fonte

26 marzo 2010

"Noi ci siamo" di Michele Sabatino


Questo quadro nasce dalla voglia di dimostrare che non siamo finiti, laddove sembrava che tutto dovesse andare per forza di cose storto; allora nascono i simboli, nasce tutto un movimento attraverso il quale voglio esprimere un profondo disagio prima e una profonda ammirazione poi per i maestri; in questi ho trovato dei riferimenti: mi riferisco agli “spagnoli” che mi hanno sempre profondamente impressionato, Ho voluto dare una linea fortemente figurativa rispetto agli altri quadri ma non sufficientemente reale per spiegare quello che può essere rappresentato, per questo ancora una volta sono stato fortemente istintivo nelle descrizioni per lasciare un senso di sospeso che può essere colmato da colui che guarda, un senso di incompiuto per intereagire con l’osservatore, Tanti riferimenti agli animali,tipo bestiario è voluto: serpenti, draghi, lucertole, tentacoli colorati, uccelli, è il mio immaginario di questi tempi. ( http://michelesabatino.wordpress.com/ )

20 marzo 2010

Il verso dell'orizzonte...


Con questa distinzion prendi 'l mio detto; e così puote star con quel che credi del primo padre e del nostro Diletto. E questo ti sia sempre piombo a' piedi, per farti mover lento com'uom lasso e al sì e al no che tu non vedi: ché quelli è tra li stolti bene a basso, che sanza distinzione afferma e nega ne l'un così come ne l'altro passo; perch'elli 'ncontra che più volte piega l'oppinion corrente in falsa parte, e poi l'affetto l'intelletto lega. Onde, se ciò ch'io dissi e questo note, regal prudenza è quel vedere impari in che lo stral di mia intenzion percuote; e se al "surse" drizzi li occhi chiari, vedrai aver solamente respetto ai regi, che son molti, e' buon son rari. Divina Commedia - Paradiso, Canto XIII, Versi 109-120;103-108

09 marzo 2010

L'importanza delle chiacchiere...


Le parole rivelano il cuore
Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato». Dal Vangelo secondo Matteo, Cap. 12/33-37

04 marzo 2010

Traguardi pericolosi

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.    Chi vorrà salvare la propria vita,la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, lasalverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. (Condizioni per seguire Gesù, dal Vangelo secondo Luca cap. 9/23-26)

28 febbraio 2010

La nomea vincerà sulla fama

Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:

«Beati voi poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi che ora piangete,

perché riderete.

Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Discorso inaugurale. Le Beatitudini - Vangelo secondo Luca; Cap. 6; 20-23

27 febbraio 2010

Meditare per capire il contrario... (per Doris)

Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,  benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi. L'amore per i nemici; Vangelo secondo Luca Cap. 6-27-35.

La donna padrona della femmina...

Giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa, volta ver' me, sì lieta come bella, «Drizza la mente in Dio grata», mi disse, «che n'ha  congiunti con la prima stella». Parev'a me che nube ne coprisse lucida, spessa, solida e pulita, quasi adamante che lo sol ferisse.
Per entro sé l'etterna margarita ne ricevette, com'acqua recepe raggio di luce permanendo unita. S'io era corpo, e qui non si concepe com'una dimensione altra patio, ch'esser convien se corpo in corpo repe, accender ne dovrìa più il disio di veder quella essenza in che si vede come nostra natura e Dio s'unio. Lì si vedrà ciò che tenem per fede, non dimostrato, ma fia per sé noto a guisa del ver primo che l'uom crede. Io rispuosi: «Madonna, sì devoto com'esser posso più, ringrazio lui lo qual dal mortal mondo m'ha remoto. Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che là giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?». Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra l'oppinion», mi disse, «d'i mortali dove chiave di senso non diserra, certo non ti dovrien punger li strali d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte l'ali. Ma dimmi quel che tu da te ne pensi». E io:«Ciò che n'appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi». Ed ella:«Certo assai vedrai sommerso nel falso il creder tuo, se bene ascolti l'argomentar ch'io li farò avverso. La spera ottava vi dimostra molti lumi, li quali e nel quale e nel quanto notar si posson di diversi volti. Se raro e denso ciò facesser tanto, una sola virtù sarebbe in tutti, più e men distributa e altrettanto. Virtù diverse esser convegnon frutti di princìpi formali, e quei, for ch'uno,
seguiterìeno a tua ragion distrutti. Ancor, se raro fosse di quel bruno cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte fora di sua materia sì digiuno esto pianeto, o, sì come comparte lo grasso e 'l magro un corpo, così questo
nel suo volume cangerebbe carte. Se 'l primo fosse, fora manifesto ne l'eclissi del sol per trasparere lo lume come in altro raro ingesto. Questo non è: però è da vedere de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi,
falsificato fia lo tuo parere. S'elli è che questo raro non trapassi, esser conviene un termine da onde lo suo contrario più passar non lassi; e indi l'altrui raggio si rifonde così come color torna per vetro lo qual di retro a sé piombo nasconde. Or dirai tu ch'el si dimostra tetro ivi lo raggio più che in altre parti, per esser lì refratto più a retro. Da questa instanza può deliberarti esperienza, se già mai la provi, ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti. D.C. - Paradiso, Canto II, Versi 25 - 30 D.C. - Paradiso, Canto II, Versi 31 - 96

21 febbraio 2010

Il coraggio della verità...

Giù per lo mondo sanza fine amaro, e per lo monte del cui bel cacume li occhi de la mia donna mi levaro, e poscia per lo ciel, di lume in lume, ho io appreso quel che s'io ridico, a molti fia sapor di forte agrume; e s'io al vero son timido amico, temo di perder viver tra coloro che questo tempo chiameranno antico». La luce in che rideva il mio tesoro ch'io trovai lì, si fé prima corusca, quale a raggio di sole specchio d'oro; indi  rispuose: «Coscienza fusca o de la propria o de l'altrui vergogna pur sentirà la tua parola brusca. Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua vision fa manifesta; e lascia pur grattar dov'è la rogna. Ché se la voce tua sarà molesta nel primo gusto, vital nodrimento lascerà poi, quando sarà digesta. Questo tuo grido farà come vento, che le più alte cime più percuote; e ciò non fa d'onor poco argomento. Però ti son mostrate in queste rote, nel monte e ne la valle dolorosa pur l'anime che son di fama note, che l'animo di quel ch'ode, non posa né ferma fede per essempro ch'aia la sua radice incognita e ascosa, né per altro argomento che non paia». D.C. - Paradiso, Canto XVII, Versi 112 - 142

11 febbraio 2010

La sconfitta della vittoria...


Achitofèl non fé più d'Absalone e di Davìd coi malvagi punzelli. Perch'io parti' così giunte persone, partito porto il mio cerebro, lasso! Dal suo principio ch'è in questo troncone. Così s'osserva in me lo contrapasso». La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie sì inebriate, che de lo stare a piangere eran vaghe. Un mi disse: «Che pur guate? perché la vista tua pur si soffolge là giù tra l'ombre triste smozzicate? Tu non hai fatto sì a l'altre bolge; pensa, se tu annoverar le credi, che miglia ventidue la valle volge. E già la luna è sotto i nostri piedi: lo tempo è poco omai che n'è concesso, e altro è da veder che tu non vedi». «Se tu avessi», rispuos'io appresso, «atteso a la cagion perch'io guardava, forse m'avresti ancor lo star dimesso». Parte sen giva, e io retro li andava, lo duca, già faccendo la risposta, e soggiugnendo:«Dentro a quella cava dov'io tenea or li occhi sì a posta, credo ch'un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa». D.C. - Inferno, Canto XXVIII, Versi 137 – 142 e Canto XXIX versi 1 e 21

06 febbraio 2010

Miserere...


Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona: questa natura al suo fattore unita, qual fu creata, fu sincera e buona; ma per sé stessa pur fu ella sbandita di paradiso, però che si torse da via di verità e da sua vita. La pena dunque che la croce porse s'a la natura assunta si misura, nulla già mai sì giustamente morse; e così nulla fu di tanta ingiura, guardando a la persona che sofferse, in che era contratta tal natura. Solo il peccato è quel che la disfranca e falla dissìmile al sommo bene, per che del lume suo poco s'imbianca; e in sua dignità mai non rivene, se non riempie, dove colpa vòta, contra mal dilettar con giuste pene. Vostra natura, quando peccò tota nel seme suo, da queste dignitadi, come di paradiso, fu remota; né ricovrar potiensi, se tu badi ben sottilmente, per alcuna via, sanza passar per un di questi guadi: o che Dio solo per sua cortesia dimesso avesse, o che l'uom per sé isso avesse sodisfatto a sua follia. Ficca mo l'occhio per entro l'abisso de l'etterno consiglio, quanto puoi al mio parlar distrettamente fisso. Non potea l'uomo ne' termini suoi mai sodisfar, per non potere ir giuso con umiltate obediendo poi, quanto disobediendo intese ir suso; e questa è la cagion per che l'uom fue da poter sodisfar per sé dischiuso. D.C. - Paradiso, Canto VII, Versi 34 – 45 e 79 - 102

02 febbraio 2010

Immagini per ciechi e parole pe sordi...

Trema forse più giù poco o assai; ma per vento che n'terra si nasconda, non so come, qua sù non tremò mai. Tremaci quando alcuna anima monda sentesi, si che surga o che si mova per dalir sù; e tal grido seconda. De la mondizia sol voler far prova, che, tutto libero e mutar convento, l'alma sorprende, e di voler le giova. Prima vuol ben, ma non lascia il talento che divina giustizia, contra voglia, come fu al peccar, pone al tormento. Però sentisti il tremoto e li pii spiriti per lo monte render lode a quel segnor, che tosto sù li 'nvii. Così ne disse; e però ch'el si gode tanto del ber quant'è grande la sete. Non saprei dir quant'el mi fece prode. E 'l savio duca: Omai veggio la rete che quì v'impiglia e come si scalappia, perchè ci trema e di che congaudete. D.C. -Purgatorio, Canto XXI, Versi 55-66 e 70-78

Lettura inversa..

  ..Il linguaggio globale, nuova causa della paura liquida..