27 febbraio 2010

La donna padrona della femmina...

Giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa, volta ver' me, sì lieta come bella, «Drizza la mente in Dio grata», mi disse, «che n'ha  congiunti con la prima stella». Parev'a me che nube ne coprisse lucida, spessa, solida e pulita, quasi adamante che lo sol ferisse.
Per entro sé l'etterna margarita ne ricevette, com'acqua recepe raggio di luce permanendo unita. S'io era corpo, e qui non si concepe com'una dimensione altra patio, ch'esser convien se corpo in corpo repe, accender ne dovrìa più il disio di veder quella essenza in che si vede come nostra natura e Dio s'unio. Lì si vedrà ciò che tenem per fede, non dimostrato, ma fia per sé noto a guisa del ver primo che l'uom crede. Io rispuosi: «Madonna, sì devoto com'esser posso più, ringrazio lui lo qual dal mortal mondo m'ha remoto. Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che là giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?». Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra l'oppinion», mi disse, «d'i mortali dove chiave di senso non diserra, certo non ti dovrien punger li strali d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte l'ali. Ma dimmi quel che tu da te ne pensi». E io:«Ciò che n'appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi». Ed ella:«Certo assai vedrai sommerso nel falso il creder tuo, se bene ascolti l'argomentar ch'io li farò avverso. La spera ottava vi dimostra molti lumi, li quali e nel quale e nel quanto notar si posson di diversi volti. Se raro e denso ciò facesser tanto, una sola virtù sarebbe in tutti, più e men distributa e altrettanto. Virtù diverse esser convegnon frutti di princìpi formali, e quei, for ch'uno,
seguiterìeno a tua ragion distrutti. Ancor, se raro fosse di quel bruno cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte fora di sua materia sì digiuno esto pianeto, o, sì come comparte lo grasso e 'l magro un corpo, così questo
nel suo volume cangerebbe carte. Se 'l primo fosse, fora manifesto ne l'eclissi del sol per trasparere lo lume come in altro raro ingesto. Questo non è: però è da vedere de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi,
falsificato fia lo tuo parere. S'elli è che questo raro non trapassi, esser conviene un termine da onde lo suo contrario più passar non lassi; e indi l'altrui raggio si rifonde così come color torna per vetro lo qual di retro a sé piombo nasconde. Or dirai tu ch'el si dimostra tetro ivi lo raggio più che in altre parti, per esser lì refratto più a retro. Da questa instanza può deliberarti esperienza, se già mai la provi, ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti. D.C. - Paradiso, Canto II, Versi 25 - 30 D.C. - Paradiso, Canto II, Versi 31 - 96

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