13 agosto 2010

Il dato di fatto...

Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, ché 'l velo è ora ben tanto sottile, certo che 'l trapassar dentro è leggero. Io vidi quello essercito gentile tacito poscia riguardare in sùe quasi aspettando, palido e umìle; e vidi uscir de l'alto e scender giù due angeli con due spade affocate, tronche e private de le punte sue. Verdi come fogliette pur mo nate erano in veste, che da verdi penne percosse traean dietro e ventilate. L'un poco sovra noi a star si venne, e l'altro scese in l'opposita sponda, sì che la gente in mezzo si contenne. Ben discernea in lor la testa bionda; ma ne la faccia l'occhio si smarria, come virtù ch'a troppo si confonda. «Ambo vegnon del grembo di Maria», disse Sordello, «a guardia de la valle, per lo serpente che verrà vie via». Ond'io, che non sapeva per qual calle, mi volsi intorno, e stretto m'accostai, tutto gelato, a le fidate spalle. E Sordello anco: «Or avvalliamo omai tra le grandi ombre, e parleremo ad esse; grazioso fia lor vedervi assai». Solo tre passi credo ch'i' scendesse, e fui di sotto, e vidi un che mirava pur me, come conoscer mi volesse. Temp'era già che l'aere s'annerava, ma non sì che tra li occhi suoi e ' miei non dichiarisse ciò che pria serrava. Ver' me si fece, e io ver' lui mi fei: giudice Nin gentil, quanto mi piacque quando ti vidi non esser tra ' rei! Nullo bel salutar tra noi si tacque; poi dimandò:«Quant'è che tu venisti a piè del monte per le lontane acque?». «Oh!», diss'io lui, «per entro i luoghi tristi venni stamane, e sono in prima vita, ancor che l'altra, sì andando, acquisti».
E come fu la mia risposta udita, Sordello ed elli in dietro si raccolse come gente di sùbito smarrita. D. C. - Purgatorio, Canto VIII, Versi 19 - 63

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