Questi dannati sono coloro che durante la loro vita non agirono mai né nel bene né nel male, senza mai osare avere una idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre. Dante li inserisce qui perché li giudica indegni di meritare sia le gioie del Paradiso, sia le pene dell'Inferno, a causa proprio del loro non essersi schierati né a favore del bene, né a favore del male. Sono costretti a girare nudi per l'eternità attorno a una insegna - non descritta, forse di una vana bandiera - punti da vespe e mosconi. Il loro sangue, unito alle loro lacrime, si mescola al fango dell'Inferno, come se questi dannati fossero dei cadaveri, morti viventi sepolti vivi, col corpo straziato dai vermi. Non è a caso se Dante definisce queste anime come quelle di peccatori "che mai non fur vivi". Il disprezzo del poeta verso questa categoria di peccatori è massimo e completo. Tanto accanimento si spiega, dal punto di vista teologico, perché la scelta fra Bene e Male, deve obbligatoriamente essere fatta, secondo la religione cattolica. (Wikipedia)
Qual'è la differenza tra l'intelligente e il furbo? L'intelligente sa che il furbo vive di "ignoranza conviviale" ed ingenuità, il furbo invece non sa che l'intelligente sa...
22 giugno 2010
19 giugno 2010
Convenienza vitale...
"Non son colui, non son colui che credi"; e io rispuosi come a me fu imposto. Per che lo spirto tutti storse i piedi; poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse:«Dunque che a me richiedi? Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto, che tu abbi però la ripa corsa, sappi ch'i' fui vestito del gran manto; e veramente fui figliuol de l'orsa, Di sotto al capo mio son li altri tratti che precedetter me simoneggiando, per le fessure de la pietra piatti. Là giù cascherò io altresì quando verrà colui ch'i' credea che tu fossi allor ch'i' feci 'l sùbito dimando. Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi e ch'i' son stato così sottosopra, ch'el non starà piantato coi piè rossi: ché dopo lui verrà di più laida opra di ver' ponente, un pastor sanza legge, tal che convien che lui e me ricuopra. D. C. - Inferno, Canto XIX, Versi 62 – 70 e 73 – 84;
18 giugno 2010
Legio XXI RAPAX
La storia si ripete. Il pensiero dei potenti è rivolto verso i propri interessi e le loro gesta sfiorano solo chi rispetta la loro giustizia. Domani accadrà ciò che è già accaduto, il potere annienterà un esercito di volontari che marceranno spediti su Roma per servirlo. Mentre la morte fisica e morale delle vittime degli usurpatori della libertà è destinata a rinascere, il desiderio del comando attira a se l’anima ingannandola e poi la uccide per sempre… Chi pensa di poter disporre delle proprie brame si sbaglia, l’uomo è sempre vittima del suo orgoglio. La città eterna è terra di conquista, molti si sono portati dentro le sue mura, perfino all’interno del senato da dove Cesare glorificava il suo popolo sparso anche nelle regioni più sperdute. Prepariamoci a rivivere la storia…
17 giugno 2010
Allineati e coperti con gli occhi bassi per non mirar la sconfitta eterna...
«O virtù somma, che per li empi giri mi volvi», cominciai, «com'a te piace, parlami, e sodisfammi a' miei disiri. La gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder? Già son levati tutt'i coperchi, e nessun guardia face». E quelli a me:«Tutti saran serrati quando di Iosafàt qui torneranno coi corpi che là sù hanno lasciati. Suo cimitero da questa parte hanno con Epicuro tutti suoi seguaci, che l'anima col corpo morta fanno. Però a la dimanda che mi faci quinc'entro satisfatto sarà tosto, e al disio ancor che tu mi taci. La tua città, che di colui è pianta che pria volse le spalle al suo fattore e di cui è la 'nvidia tanto pianta… D.C. - Inferno, Canto X, Versi 4 – 18 e Paradiso, Canto IX, Versi 127 - 129
16 giugno 2010
Introspezioni recondite
Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva, ch'a li occhi temperava il novo giorno, sanza più aspettar, lasciai la riva, prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d'ogne parte auliva. Un'aura dolce, sanza mutamento avere in sé, mi feria per la fronte non di più colpo che soave vento; per cui le fronde, tremolando, pronte tutte quante piegavano a la parte u' la prim'ombra gitta il santo monte; non però dal loro esser dritto sparte tanto, che li augelletti per le cime lasciasser d'operare ogne lor arte; ma con piena letizia l'ore prime, cantando, ricevieno intra le foglie, che tenevan bordone a le sue rime, tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su 'l lito di Chiassi, quand'Eolo scilocco fuor discioglie. Già m'avean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto, ch'io non potea rivedere ond'io mi 'ntrassi; ed ecco più andar mi tolse un rio, che 'nver' sinistra con sue picciole onde piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo. Tutte l'acque che son di qua più monde, parrieno avere in sé mistura alcuna, verso di quella, che nulla nasconde, avvegna che si mova bruna bruna sotto l'ombra perpetua, che mai raggiar non lascia sole ivi né luna. D.C. - Purgatorio, Canto XXVIII, Versi 1 - 33
15 giugno 2010
Lo studio dell'immaginazione..
..la "vera mente" costruisce ogni suo risultato basandosi sulle proprie "fisime" e, quando il cervello capirà che la "riflessione" delle proprie percezioni non é altro che "un'immagine riflessa" le fissazioni smetteranno di essere più "reali" di quanto non sembrino..
"L'immaginazione è più importante della conoscienza"(Albert Einstein)
11 giugno 2010
L'isola perduta
I gabbiani raccontano la vita come la colomba di Noè ma in lontananza il grigio sconfigge l’azzurro e il mare in fermento inizia a giocare con la nave come fosse di carta e il suo muro la sovrasta…
Come fai come fai a non piangere, come fai come fai a non sentire tue tutte le malinconie, come fai come fai a non gridare tutte le tue paure, come fai come fai a non sognare il giorno in cui potrai tornare.
Ritrovarsi nel mezzo di una tempesta senza la propria nave in balia delle onde è come essere nati senza genitori è come essere soli. Sperare di morire senza soffrire e sperare di salvarsi pregando il cielo che ti sta osservando, sono i miei pensieri.
Come fai come fai a non piangere, come fai come fai a non sentire tue tutte le malinconie, come fai come fai a non gridare tutte le tue paure, come fai come fai a non sognare il giorno in cui potrai tornare.
Ora son qua a ricordar gli altri che partirono con me ora son qua a ricordar il vostro amor, ora son quà in quest'isola perduta a curar le ferite del mar, ora son qua ma non più là.
Il fiore all'occhiello del labirinto...
Chi riesce a raggiungere il fiore difficilmente torna indietro. Teseo per trovare il minotauro e uscire ha avuto bisogno dell'intelligenza di Arianna. A volte non si arriva al traguardo perchè si è troppo presi dalla propria visuale illusoria che pone pochi ostacoli tra se e la meta. Questa è solo fretta di essere. Con la dovuta preparazione e con un pò di rispetto per la paura, si possono raggiungere scopi assai più importanti dei propri orizzonti. Ai vincitori il segno nel petto.
10 giugno 2010
Patrono d'Italia
Chi è Francesco?
Un fratello.
Un fratello.
Il suo carisma?
L’amore di Dio.
La sua ricchezza?
La povertà.
La povertà.
La sua sapienza?
L’umiltà.
L’umiltà.
La sua parola?
Quella di Dio.
Quella di Dio.
La sua costanza?
L’obbedienza.
L’obbedienza.
Un suo gesto?
Spogliarsi di tutto per seguire Gesù.
Spogliarsi di tutto per seguire Gesù.
La sua forza?
Il rigore nel difendere la sua scelta. Cantico delle creature
Il rigore nel difendere la sua scelta. Cantico delle creature
09 giugno 2010
Il vero volto della fama...
Chi crederebbe che l'odor d'un pomo sì governasse, generando brama, e quel d'un'acqua, non sappiendo como? Già era in ammirar che sì li affama, per la cagione ancor non manifesta di lor magrezza e di lor trista squama, ed ecco del profondo de la testa volse a me li occhi un'ombra e guardò fiso; poi gridò forte: «Qual grazia m'è questa?». Mai non l'avrei riconosciuto al viso; ma ne la voce sua mi fu palese ciò che l'aspetto in sé avea conquiso. Questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza a la cangiata labbia, e ravvisai la faccia di Forese. «Deh, non contendere a l'asciutta scabbia che mi scolora», pregava, «la pelle, né a difetto di carne ch'io abbia; ma dimmi il ver di te, di' chi son quelle due anime che là ti fanno scorta; non rimaner che tu non mi favelle!». «La faccia tua, ch'io lagrimai già morta, mi dà di pianger mo non minor doglia», rispuos'io lui, veggendola sì torta. Divina Commedia - Purgatorio, Canto XXIII, Versi 34 - 57
06 giugno 2010
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All'Interno dell'Interno.. PER NON DIMENTICARE!
" Allarme Scordato ".. Questo post l'ho pubblicato diverse volte, ogni 14 febbraio , poi a marzo, poi a novembre e forse lo ...
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Le parole rivelano il cuore Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutt...