20 gennaio 2025

ET IN ARCADIA EGO

"Egli ed io discutemmo certe cose, che con comodo potrò spiegarvi in dettaglio. Cose che vi daranno, tramite Monsieur Poussin, vantaggi quali persino i Re stenterebbero grandemente a ottenere da lui e che, secondo la sua opinione, forse nessun altro riscoprirà mai più nei secoli futuri." Ecco una parte della lettera che un certo abate Louis Fouquet, inviò da Roma al fratello in Francia nel 1656, sovrintendente alle finanze del Re Luigi XIV. Nessuno è stato in grado di svelarne il significato. Si sa solo che il sovrano confiscò tutta la corrispondenza e fece incarcerare a vita il destinatario. A proposito, poi fece di tutto per acquisire una copia del quadro "I pastori dell'arcadia" di Nicolas Poussin.(Da Internet)

19 dicembre 2024

Ultimo, é..

.."posto" il problema, occorre una "risoluzione", namasté con mudra o "Particella regale"..

15 dicembre 2024

Roma, Vernissage di sabato 24 aprile 2010 Il poeta che "scrive" con il pennello...

Michele Sabatino è nato a Castellammare di Stabia in provincia di Napoli, un luogo di indubbia bellezza ma allo stesso tempo molto difficile, anche se sensibile verso chi esprime delle doti talentuose. Fin da piccolo ha avuto la passione della pittura, per ovvi motivi però, si è dovuto orientare verso altri settori, si laurea a pieni voti presso la facoltà di architettura dell’università Federico II di Napoli mantenendo in cuor suo la volontà di realizzare il suo sogno. Per dare seguito ai suoi studi ed affermarsi come architetto, si trasferisce nella città felliniana dove tutt’ora risiede e svolge questa professione con grande umiltà, convogliando nella stessa il suo estro del tutto unico. Per anni il suo talento rimane sopito nel suo cuore anche per motivi pratici ma, si sa, tutto si può contenere tranne la spinta comunicativa che proviene dall’anima e, difatti, negli ultimi tempi eccola riemergere prepotentemente. Molto attento al suo richiamo artitistico, Michele Sabatino inizia a dar “voce” alla sua energia interiore, combinando nel modo migliore le sue attività. Pittore autodidatta, artisticamente acuto osservatore di forme e spazi, acquisisce subito una padronanza dei colori, che gli permette una comunicazione immediata con le persone, al di la del significato recondito che possono esprimere i suoi dipinti astratti. Una simbiosi di forme, ben amalgamate che rappresentano gli stati d’animo dell’artista, con il proprio essere rappresentato dal colore dello sfondo, che da vita ad uno scontro-incontro con il suo subconscio in conflitto con il mondo circostante sempre più distante dalla sua dimensione interiore. Nella vastità delle espressioni che possono manifestarsi in periodi diversi del suo percorso personale, c’è un monito ricorrente rivolto alla società, troppo spesso assorta a contemplare un dio denaro che offre solo il potere materiale senza soffermarsi sulla spiritualità, rivolgendo poca attenzione alle proprie risorse e necessità. La sua ispirazione è dettata dalle sue sensazioni e dal suo istinto, in alcuni dei suoi ultimi quadri, si possono notare delle influenze di alcuni pittori come Mirò, Picasso e Van Gogh ma, nel pieno rispetto dei grandi maestri del passato, Michele Sabatino per il momento non è catalogabile in nessun “ismo” e, come da lui stesso dichiarato in alcune interviste, si può definire un “neoespressionista astratto”. Io personalmente, non sono stato mai attratto dall’arte espressa nei dipinti, in quanto la ritenevo troppo lontana dalla mia cultura personale ma la vista di queste forme stravaganti e colorate anno attirato la mia attenzione, tanto che, per capire meglio cosa mi affascinava di queste opere, ho intrapreso un cammino che ritenevo molto improbabile terminare, cioè seguire attentamente la loro sinuosità, per capire lo stato d’animo dell’autore. Andando avanti ho capito una cosa molto importante, non era l’arte ad essere lontana da me ma, al contrario, ero io che la evitavo perché non sapevo osservare. Ebbene si, questo per me è Michele Sabatino, un pittore che oltre saper dipingere, sa anche comunicare con i suoi quadri, il proprio percorso introspettivo mettendolo in risalto con i giusti colori che mostrano la sincerità con cui mette a nudo la propria anima. Con questo voglio ringraziare i promotori della mostra: il Prof. Antonio Restivo e l’associazione culturale Spaziodarte che mi hanno permesso di avvicinare la sensibilità di questo artista. Un ringraziamento particolare va alla sig.ra Viviana Tavormina, che cura diversi settori dedicati al pittore svolgendo un ruolo fondamentale nella promozione delle sue opere.  (Massimo Maravalli)

12 dicembre 2024

Il piacere della vita... (Post già pubblicato il 12 novembre 2009)

“L’origine del mondo”, il celebre quadro di Gustave Courbet (1819-1877) conservato al Museo d’Orsay di Parigi, rappresenterebbe il ventre di Eva, madre di tutti gli uomini. Questa è l’interpretazione che Thierry Savatier, storico dell’arte francese, ha dato nel suo libro “Courbet e l’origine del mondo. Storia di un quadro scandaloso”, dopo circa un decennio di studi. Certo, dopo tanti anni di ricerca forse ci si aspettava di più, ma tant’è, così son fatti alcuni studiosi. L’origine e la storia del quadro sono abbastanza avvincenti: fu realizzato nel 1866, ma allora fu considerato scandaloso. Non che mancassero le rappresentazioni di nudi nei quadri del tempo, ma Courbet aveva scelto una prospettiva piuttosto esplicita, dove i dettagli non mancavano. Da subito ci si interrogò su chi fosse la proprietaria di siffatto ventre, e pare che l’artista si sia ispirato a una foto di una giovinetta francese che frequentava. Pensando a Eva? Chissà… Il quadro circolò in diverse gallerie finché, dopo molte peripezie, capitò nelle mani dello psicoanalista Jacques Lacan, che, data la sua professione, probabilmente riusciva a vedere nel quadro ben più di quello che veniva rappresentato…

02 dicembre 2024

Il verso dell'orizzonte...

Con questa distinzion prendi 'l mio detto; e così puote star con quel che credi del primo padre e del nostro Diletto. E questo ti sia sempre piombo a' piedi, per farti mover lento com'uom lasso e al sì e al no che tu non vedi: ché quelli è tra li stolti bene a basso, che sanza distinzione afferma e nega ne l'un così come ne l'altro passo; perch'elli 'ncontra che più volte piega l'oppinion corrente in falsa parte, e poi l'affetto l'intelletto lega. Onde, se ciò ch'io dissi e questo note, regal prudenza è quel vedere impari in che lo stral di mia intenzion percuote; e se al "surse" drizzi li occhi chiari, vedrai aver solamente respetto ai regi, che son molti, e' buon son rari. Divina Commedia - Paradiso, Canto XIII, Versi 109-120;103-108

22 novembre 2024

Sefarditi illustri..

..la Famiglia Levi-Montalcini al completo. La piccola Rita, l'ultima in basso a destra al fianco della sorella gemella, é stata "raccontata" così da Primo Levi: "una volontà indomita e un piglio di Principessa". - תודה ריטה -

18 ottobre 2024

All'Interno dell'Interno.. PER NON DIMENTICARE!

"Allarme Scordato".. Questo post l'ho pubblicato diverse volte, ogni 14 febbraio, poi a marzo, poi a novembre e forse lo farò per sempre, la foto risale a un po di tempo fa, la medaglia era stata riservata solo a chi, quel fatidico 14/02/1987, era "sul campo", il pensiero é "sempre Stato" impresso nella mia mente anche se, devo ammetterlo, é un ricordo che ho cercato di "cancellare" dalla mia memoria per tante volte senza successo. Era S. Valentino, io ero lontano da quei "Prati" dove vi é "sempre Stato" un Papa, i miei ricordi sono distanti e sfocati ma lì, per alcuni minuti, il "rumore" degli eventi spezzò per sempre i legami di alcune "Famiglie Volanti" e, il "silenzio seguente", sovrastò l'"urlo" di tante "Sirene piangenti"; la mia età non capì molto, ci fu un solo sopravvissuto a quella strage, un "Parente" disteso a terra, la morte lo "guardò in faccia per ben 11 volte" ma un Arcangelo le "ordinò": vattene, non lo toccare e la allontanò. Forse oggi, quel Parente Pasquale, é l'unico fra i tanti ad avere una perenne riconoscenza per "Michelangelo" grazie ad un'arma, si, quell'arma che si "rifiutò di sparare" per l'"ultima volta".. Di li a poco non so cosa successe..(..Volante 47)

08 ottobre 2024

"Sollevamento pesi"..




L’ottava meraviglia del mondo! Così è stato più volte definito, Coral Castle. Una costruzione tanto conosciuta quanto misteriosa. È stato edificato interamente, per ben due volte in luoghi diversi, da un solo uomo: Edward Leedskalnin. Un piccolo Lituano di appena 1.52 di altezza e 50 kg. di peso. Come avrà fatto, dato che in questa costruzione sono stati spostati massi fino a 18 tonnellate? Quale segreto si cela dietro quest’opera architettonica? In realtà non è un vero e proprio edificio, ma piuttosto un giardino romantico circondato da un recinto, tutto rigorosamente in corallo. Le strutture presenti all'interno sono particolarmente affascinanti. Ci sono meridiane per il calcolo del tempo, un foro su un obelisco perfettamente allineato verso la stella polare, un tavolo di roccia con un fiore piantato in centro (forse, voleva che il tavolo avesse fiori tutto l'anno), una poltrona in pietra dal peso di una tonnellata e una "fontana della luna" che rappresenta le fasi lunari. La porta d’ingresso è costituita da un monolite del peso di 9 tonnellate, imperniata al centro con un perfetto bilanciamento tale per cui è sufficiente spingere con un dito il masso per muoverlo. La sua storia è alquanto bizzarra ma a sua volta molto “magnetica”. Ed, il protagonista, è un uomo comune, nato in Lettonia alla fine del secolo, nel 1887. Dopo una delusione amorosa, all’età di trent’anni si trasferì prima in Europa poi in America. Qui acquistò un piccolo terreno di dieci acri il vicino a Florida city. Decise in seguito di cimentarsi in un’impresa assurda: costruire un intero castello da solo, e in poco tempo, per riconquistare una donna. La sua “sweet sixteen”, ovvero la ragazza che non ricambiò il suo amore. Con la diffidenza di tutti, lo costruì in soli tre anni, senza che nessuno abbia mai saputo quali tecnologie usò. Nell'unica dichiarazione da lui fatta, cita di aver utilizzato l'energia che è servita agli antichi egiziani per costruire la grande piramide di Giza. L’evento attirò l’attenzione di molti curiosi tra cui diversi malintenzionati. Ebbe molte “visite” sgradite mirate alla sottrazione di materiale tecnologico mai trovato. Sembra infatti, che Ed utilizzava tecniche alquanto comuni, quali carrucole, paranchi, una dinamo artigianale, delle bottiglie di leida e un sintonizzatore radio. Stufo e intimorito da questi accadimenti, decide di trasferirsi. Ora, quando si trasloca, si portano dietro tutte le cose personali, come mobili, attrezzature, abiti cianfrusaglie ecc… . Invece, il piccolo Ed chiamò un camion, fece allontanare l’autista e iniziò sempre da solo a caricare il castello. Si proprio così! Con un po’ di viaggi trasportò la sua fortezza da tutt’altra parte, dove la ricostruì tale e quale sempre senza l’aiuto di nessuno. Questo luogo fantastico, oggi ereditato da una famiglia dell'Illinois, è diventato meta turistica di milioni di persone. Molte di queste hanno provato a dare delle spiegazioni. La più accreditata, è l'impiego del sistema antigravitazionale, basato su "onde sonore armoniche". Secondo altri ancora, Ed avrebbe sfruttato la griglia magnetica del pianeta. Ecco la sua testuale spiegazione - “Tutta la materia consiste di magneti individuali, ed è il movimento di questi magneti nella materia attraverso lo spazio che produce fenomeni quantificabili come il magnetismo e l'elettricità”-. Richiamando la tesi più autorevole, cioè quella delle onde sonore armoniche, ci si potrebbe fantasiosamente chiedere: e se a Ed non importava nulla della sua donna? Se volente o nolente, considerate le sue origini, avesse attribuito alla frase “dolce sedicenne”, un significato per palesare il suo segreto mantenendolo celato dietro una semplice parola? La “sweet sixteen” infatti, potrebbe diventare “sweet sixteenth”. Semplice fantasia ma nel dubbio, fossi nei panni di chi da anni cerca di scoprire il suo “metodo”, andrei subito a comprarmi un contrabbasso!
Articolo pubblicato nel 2010 su Profili Nuova Europa Massimo Maravalli.

07 settembre 2024

Mio Dio..

Il tempo delle "meridiane"..

«Lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando, e a la sua bontate più conformato, e quel ch'e' più apprezza, fu de la volontà la libertate; di che le creature intelligenti, e tutte e sole, fuoro e son dotate. Or ti parrà, se tu quinci argomenti, l'alto valor del voto, s'è sì fatto che Dio consenta quando tu consenti; ché, nel fermar tra Dio e l'uomo il patto, vittima fassi di questo tesoro, tal quale io dico; e fassi col suo atto. Dunque che render puossi per ristoro? Se credi bene usar quel c'hai offerto, di maltolletto vuo' far buon lavoro. Tu se' ormai del maggior punto certo; ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa, che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto, convienti ancor sedere un poco a mensa, però che 'l cibo rigido c'hai preso, richiede ancora aiuto a tua dispensa. Apri la mente a quel ch'io ti paleso e fermalvi entro; ché non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso. D. C. - Paradiso, Canto V, Versi 19 -42

Colore "slegato" da trattener Fermo..

07 aprile 2024

Verità e menzogna, una chiave di lettura... (Post già pubblicato il 27/11/2010)

Il problema della verità in filosofia parte in primo luogo dalla forma del testo stesso. Il tipo di testo è determinante, e nel caso in cui si faccia ricorso a immagini e metafore nell’argomentazione si esce dalla logica comunemente intesa. È determinante porsi il problema se la scrittura sia solamente un mezzo oppure se essa stessa crei la filosofia; sono importanti anche le strategie testuali, e non soltanto quello che emerge direttamente all’attenzione del lettore. Il testo filosofico è stato codificato spesso secondo un canone (dal greco Kanon – è il bastone che indica la via, ma è anche il bastone dell’autorità) che ne ha determinato le forme più comuni: trattato e dialogo platonico. Tuttavia sono emerse differenti forme di testo filosofico non aderenti al canone, come ad esempio il saggio o l’aforisma. Il fatto che con Kant, Hegel e Wittgenstein si pensi che la filosofia non appartenga ad un genere letterario è un errore, poiché la filosofia è nonostante tutto un discorso codificato, e quindi è pur sempre letteratura. Il Trattato di Wittgenstein, che si vuole un testo assolutamente oggettivo, in realtà rivela un grande studio retorico, un forte impegno nella costruzione del testo, al quale l’autore intese dare un aspetto “oggettivo” appunto. Ma questo artificio è pur sempre una scelta letteraria fatta dall’autore stesso. Nietzsche disse che ogni testualità non è che una rappresentazione, non c’è corrispondenza con le cose in sé, ma è l’uomo a scegliere e a nominare quello che è il vero. Nel testo del 1873 intitolato Su verità e menzogna fuori del senso morale (nella traduzione Adelphi è tradotto con in senso extramorale, ma è una sfumatura che a mio avviso rende meno chiaro quel che Nietzsche vuole dirci) il filosofo tedesco muove da un assunto hegeliano che separa rigidamente verità e finzione (cioè metafora e poesia) con l’intenzione di dimostrare che in realtà quella che comunemente viene chiamata verità altro non è che una grande costruzione retorica e artificiosa, di cui però si è dimenticata la natura illusoria. Il testo in questione si apre quasi come un racconto, ed effettivamente tutto il testo sembra un racconto, la storia di come l’uomo inventò la conoscenza per garantirsi la sopravvivenza in un mondo ostile e come attraverso essa abbia separato verità e menzogna. Nietzsche sferra un attacco alla comune concezione antropocentrica del mondo che eleva l’uomo a misura di tutte le cose, e dice che in realtà «ci furono eternità, in cui esso non c’era; e quando sarà finito di nuovo, non sarà successo nulla.». La figura dell’uomo riacquista il posto che realmente le compete nel mondo e perde l’unicità del punto di vista assegnatole, poiché, afferma Nietzsche, anche una formica si pone al centro del suo mondo e secondo la propria prospettiva lo misura: come si può ritenere una delle due prospettive – quella dell’uomo o quella dell’insetto – più vera dell’altra? La superbia dell’uomo sulle cose lo porta a sopravvalutare la coscienza ed il proprio intelletto; questo, «che è uno strumento di conservazione dell’individuo, dispiega le sue forze maggiori nella finzione; perché questa è il mezzo, attraverso cui si conservano gli individui più deboli, i poco robusti, come coloro ai quali è interdetto condurre una lotta per l’esistenza con corna o con morsi aguzzi di animali da preda. Nell’uomo quest’arte della finzione giunge al suo apice». Lo scrivere di Nietzsche, come si può notare, ha un incedere incalzante, pone il lettore davanti a brevi frasi che non lasciano spazio a dubbi; già in questo breve testo emergono temi che verranno sviluppati in scritti successivi. Ma ancora l’uomo non è giunto a stabilire cosa siano verità e menzogna, questa necessità sorge dalla debolezza dell’uomo e dalla volontà di fuoriuscire da una condizione di conflitto di tutti contro tutti, combattuto per far prevalere la propria verità. La verità è un impulso che spinge gli uomini ad un accordo, «viene inventata una designazione delle cose uniformemente valida e vincolante nel mentre la legislazione del linguaggio offre altresì le prime leggi della verità; si istituisce dunque qui per la prima volta il contrasto tra verità e menzogna […] Gli uomini poi non fuggono tanto l’essere ingannati, quanto l’essere danneggiati dall’inganno.» L’uomo infatti «desidera della verità le conseguenze piacevoli, quelle che conservano la vita, di fronte alla conoscenza pura, senza conseguenze, è indifferente, di fronte alle verità tanto dannose e distruttive ha un atteggiamento finanche ostile». Ciò che però l’uomo chiama “verità” è una scelta arbitraria, che niente ha a che vedere con un’autentica verità; l’uomo attua delle delimitazioni arbitrarie e ciò che risulta dalla sua comprensione diviene dunque menzogna, falsità, negazione della verità. Ma perché, chiede Nietzsche, se l’uomo è così proteso alla verità, esistono tante e diversissime lingue? Insomma la verità, per come viene intesa e studiata, non ha nulla a che vedere con l’essenza delle cose. Scriverà Jünger: «L’umanità adora troppi dèi, in ogni dio la verità si manifesta in una forma particolare». E dunque, se ciò che siamo soliti chiamare “verità” mostra tutta la sua fragilità nella pretesa dell’uomo di porsi quale punto di vista privilegiato ed unico, quale solo metro di misurazione sulla molteplicità della natura e della vita, cos’è allora la verità? “Verità”, afferma Nietzsche, è un esercito di metonimie, metafore, antropomorfismi a tal punto e così a lungo retoricamente impreziosito da divenire credenza consolidata e scontata nei rapporti umani, «le verità sono illusioni, di cui si è dimenticato, che sono tali; metafore, che sono state abusate e private della forza di senso; monete, che hanno perduto la loro effige e che pertanto vengono considerate metallo e non più monete». Sorge pertanto la necessità di mentire, di tenere viva la verità stabilita allo scopo di conservare l’esistenza; questa menzogna finisce nella dimenticanza e la convenzione stabilita diviene nel tempo la sola verità morale e razionale da rispettare: morale è allora l’uomo veritiero, il mentitore è chi, contro la morale comune, dice il falso e nega la verità riconosciuta, egli è perciò immorale. Nonostante Nietzsche riconosca il notevole sforzo compiuto dall’uomo di costruirsi una verità praticamente sul nulla di fondamenti instabili, edificando da sé coi concetti diversamente da quello che fanno le api con la cera, fornita loro dalla natura, è però costretto ad ammettere che non esiste “il vero in sé” indipendente dall’uomo, «il ricercatore di verità cerca in fondo soltanto la metamorfosi del mondo nell’uomo; egli lotta per la comprensione del mondo come di una cosa a dimensione umana e nel migliore dei casi consegue il sentimento di un’assimilazione.[…] così un tale ricercatore considera il mondo intero intrecciato all’uomo, come l’eco infinitamente interrotta di un suono originario dell’uomo, come la copia moltiplicata di un’unica immagine originaria, dell’uomo. Il suo procedimento è di ritenere l’uomo misura di tutte le cose». Il fatto che le metafore che costituiscono la verità vengano indurite e si irrigidiscano non significa che esse siano necessarie e conclusive, semmai ne dimostra la dimenticanza di cui sopra e la degenerazione: non c’è metro di osservazione oggettivo, non si può parlare di leggi di natura poiché in natura non vi è alcuna regolarità razionale e ciò che noi chiamiamo leggi di natura sono soltanto relazioni con altre leggi, che a loro volta sono relazioni. «Tutte le misure normative, che ci s’impongono nel corso degli astri e dei processi chimici, in fondo coincidono con ogni proprietà che noi stessi immettiamo nelle cose, così che ce le imponiamo noi stessi». Quando Gentile disse che non si scopre nessuna verità, ma essa dev’essere costruita, creata, si inseriva dunque pienamente nel solco della nietzscheana volontà di potenza e della trasmutazione di tutti i valori. La seconda sezione di questo breve ma “martellante” saggio si apre sotto il segno luminoso ed eterno della Grecia classica, coi suoi miti e la sua dimensione di sogno e stupore del mondo; se il linguaggio crea i concetti e le astrazioni che fanno la verità di metafore morte, è il mito che invece rasserena e ritempra pienamente l’intelletto umano e l’intuizione creatrice: «la parola non è fatta per queste cose [le astrazioni], l’uomo, se le vede ammutolisce, o parla in metafore sonoramente vietate ed in accostamenti di concetti inauditi, per essere creativamente conforme all’impressione delle potenti intuizioni attuali, distruggendo e schernendo almeno i vecchi limiti concettuali». http://www.centrostudilaruna.it/nietzscheverita.html

01 dicembre 2023

La prigione delle mie "paure" é nella testa altrui..

..chi ha impresse nella testa le "mie idee" non capirà mai come esse si siano "stampate" nella loro mente e chi crede di non averle é perchè "mente" su ciò che non sa...  ... "Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne, arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé".
(Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

08 novembre 2023

"Leggere leggere"...

.. “Ciò che accade è voluto da qualcuno, una volontà potente che può modificare gli eventi, ma chi può stabilire se questo qualcuno non sia succube a sua volta di una Volontà superiore? Chi può affermarlo con certezza, se non solo il "Cui prodest" dell'accaduto stesso. Alcuni si accontentano solo di credere di aver vinto, ad altri basta solo sapere che alcuni credono di aver vinto..... ;-)) (Fai della tua mente un Iceberg...) La "grotta" fa paura solo a chi non si conosce (RM)

"Leggere riflessioni"

"Leggere metafore"..

15 aprile 2023

Anyone...

Uno, nessuno e centomila... (L)                                                                                 

ET IN ARCADIA EGO

"Egli ed io discutemmo certe cose, che con comodo potrò spiegarvi in dettaglio. Cose che vi daranno, tramite Monsieur Poussin, vantaggi...