Qual'è la differenza tra l'intelligente e il furbo? L'intelligente sa che il furbo vive di "ignoranza conviviale" ed ingenuità, il furbo invece non sa che l'intelligente sa...
31 luglio 2012
30 luglio 2012
Essere potrei ma non voglio..
..all'apparenza non si può spiegare l'invisibilità della realtà fintanto che ella manifesta la propria ignoranza, come nell'Io si nasconde il potere negli altri si cela il volere..
29 luglio 2012
28 luglio 2012
Lo scivolo dei primi..
..il corso delle acque era per Confucio la rappresentazione della realtà, l'acqua che corre verso il mare per poi "sorgere" nelle montagne e ridiscendervi nel vorticoso cerchio della vita, il senso della natura ignoto all'uomo nel comprendere il suo ruolo, lo spermatozoo rispecchia il suo cammino, giunge alla morte per dare la vita, nell'aprire gli occhi non vede il tempo ma il fenomeno, tutti che corrono inseguendo ciò che sembra la via migliore, tutti verso la propria meta, tutti che gareggiano per arrivare primi al mare, senza osservare chi non può competere contro la cecità di chi acqua vuol essere. (C.M.)
27 luglio 2012
Peccanti entro l'orizzonte..
Sì mi diè, dimandando, per la cruna del mio disio, che pur con la speranza si fece la mia sete men digiuna. Quei cominciò: «Cosa non è che sanza ordine senta la religione de la montagna, o che sia fuor d'usanza. Libero è qui da ogne alterazione: di quel che 'l ciel da sé in sé riceve esser ci puote, e non d'altro, cagione. Per che non pioggia, non grando, non neve, non rugiada, non brina più su cade che la scaletta di tre gradi breve; nuvole spesse non paion né rade, né coruscar, né figlia di Taumante, che di là cangia sovente contrade; secco vapor non surge più avante ch'al sommo d'i tre gradi ch'io parlai, dov'ha 'l vicario di Pietro le piante. Trema forse più giù poco o assai; ma per vento che 'n terra si nasconda, non so come, qua su non tremò mai. Tremaci quando alcuna anima monda sentesi, sì che surga o che si mova per salir sù; e tal grido seconda. De la mondizia sol voler fa prova, che, tutto libero a mutar convento, l'alma sorprende, e di voler le giova. Prima vuol ben, ma non lascia il talento che divina giustizia, contra voglia, come fu al peccar, pone al tormento. D. C. - Purgatorio, Canto XXI, Versi 37 - 66
24 luglio 2012
Isolamento "cosmico"..
..chiusi in se stessi, lontano dai propri simili, non sono gli asociali, i misantropi o i malati ma gli egoisti che guardano solo ai propri interessi senza pensare agli altri.. (A.S.)
22 luglio 2012
La forza dell'ingenuità..
..un tempo dedicato allo spazio del proprio essere, anche quando l'io non ha la consapevolezza di essere all'interno di un mondo proiettato verso l'esterno futuro: la meta..
20 luglio 2012
19 luglio 2012
18 luglio 2012
Il saper essere secondario..

15 luglio 2012
L'arcobaleno in un colore..

14 luglio 2012
Cibo avariato per la mente..
Il gatto, che mente!
il crepitio distoglie l’attenzione,
notizie ammaliatrici vestite di interessante,
ma il foglio del giornale è sconfitto dal mylar,
l’attenzione è rapita da un vuoto distratto,
l’informazione abbondante che lo riempie,
il capire, già inconcreto, che si intensiona
rivolge la sua disattenzione verso quel gatto
che con il vuoto riempie di scritto le pagine,
il tutto diventa nulla e meno importante. (C.M.)
Lascia il vuoto..
13 luglio 2012
"Scripta volant"..

12 luglio 2012
07 luglio 2012
Il trucco della farfalla..


06 luglio 2012
05 luglio 2012
04 luglio 2012
01 luglio 2012
Il gioco dei tre volti..
Realmente agli occhi della mente reale..
Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa. «Or discendiam qua giù nel cieco mondo», cominciò il poeta tutto smorto. «Io sarò primo, e tu sarai secondo». E io, che del color mi fui accorto, dissi: «Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?». Ed elli a me: «L'angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella pietà che tu per tema senti. Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Così si mise e così mi fé intrare nel primo cerchio che l'abisso cigne. Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri, che l'aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi, d'infanti e di femmine e di viri. Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi? Or vo' che sappi, innanzi che più andi, ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber battesmo, ch'è porta de la fede che tu credi; e s'e' furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio: e di questi cotai son io medesmo. Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi, che sanza speme vivemo in disio». Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi, però che gente di molto valore conobbi che 'n quel limbo eran sospesi. «Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore», comincia' io per voler esser certo di quella fede che vince ogne errore: «uscicci mai alcuno, o per suo merto o per altrui, che poi fosse beato?». E quei che 'ntese il mio parlar coverto, rispuose: «Io era nuovo in questo stato, quando ci vidi venire un possente, con segno di vittoria coronato. Trasseci l'ombra del primo parente, d'Abèl suo figlio e quella di Noè, di Moisè legista e ubidente; Abraàm patriarca e Davìd re, Israèl con lo padre e co' suoi nati e con Rachele, per cui tanto fé; e altri molti, e feceli beati. E vo' che sappi che, dinanzi ad essi, spiriti umani non eran salvati». Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi, ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi. Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno, quand'io vidi un foco ch'emisperio di tenebre vincia. Di lungi n'eravamo ancora un poco, ma non sì ch'io non discernessi in parte ch'orrevol gente possedea quel loco. «O tu ch'onori scienzia e arte, questi chi son c'hanno cotanta onranza, che dal modo de li altri li diparte?». E quelli a me: «L'onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazia acquista in ciel che sì li avanza». (D. C. - Inferno, Canto IV, Versi 10 – 78)
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